Ieri ho visto l’intervista di Susanna Tamaro a Pordenonelegge. Comodamente seduta nel divano di casa mia.
La vita sul divano è decisamente più interessante di quando saltellavo per Milano, o qualche altra città, perdendo una marea di tempo, per sentire e vedere male qualche ‘evento’.
Le presentazioni di nuovi romanzi, con l’immancabile intervista in cui l’autore si racconta, per me sono qualcosa di fondamentale per capire uno scrittore. Ne ho bisogno e anche se poi non leggo i suoi romanzi, mi aiuta a riflettere e capire molte cose. Gli scrittori validi hanno spesso visioni del mondo diverse. E visto il panorama del pensiero omologato che ci ritroviamo, per me sentire punti di vista diversi è ossigeno puro.
I festival dei libri sono sbocciati nell’ultimo decennio anche in Italia, dove la lettura non è poi così valorizzata come altrove. E per un po’ mi sono fatta incantare dal tentativo di parteciparvi, per vedere e soprattutto ascoltare scrittori di tutto il mondo.
Ma poi avevo desistito, per la solita ‘sindrome milano’, che io chiamo così, quella per cui chi organizza qualsiasi evento, dal salone del libro all’inaugurazione di un negozio di biancheria per la casa, deve per forza avere il pienone, salvo poi ritrovarsi con persone lasciate fuori in coda, o ammassate in qualche modo. Risultato? La maggior parte di queste presentazioni scontentano tutti, se non gli amici intimi degli scrittori che sono gli unici a trovare posti in prima fila e comodi. Gli altri hanno il privilegio di stare in piedi o addirittura fuori, ma ‘possono’ acquistare il libro. Mi era successo con Book City, alla primissima edizione, nato come festival aperto a tutti per il quale avevo fatto una fila infinita per vedere Umberto Eco e poi ero stata gentilmente invitata ad andare a casa perché la sala era piena. Non una bella sensazione. Poi con il Festival della Mente di Sarzana, dove se non prenotavi mesi prima col cavolo che ti avvicinavi ai tendoni, e l’immancabile Salone di Torino dove avevi libertà di vagare per gli stand, ma quando c’era qualche presentazione importante era difficile entrarvi.
Il contrappasso però c’è stato, e per me è stato un gran bel contrappasso.
Oggi posso partecipare e ascoltare interventi di scrittori e autori in genere, rigorosamente in streaming, e non solo in Italia, il mondo anglosassone in quanto a scrittori offre tantissime presentazioni, anche nelle librerie più sperdute e indipendenti, quelle che quando entri ti si spalanca un mondo. E ora quel mondo arriva fino a casa mia.
Una delle ricadute positive della quarantena.
Morale della favola: c’è un mondo di pubblico, là fuori, che gli eventi li ha sempre subiti. C’è una marea di gente, tra cui la sottoscritta, che bada alla sostanza, e il fatto di doversi alzare da quel divano, vestirsi e truccarsi, prendere i mezzi e trovare posto per tempo per ascoltare una persona che ha cose interessanti da dirmi, la fa il più delle volte rinunciare ad andarci. Spesso per gli orari impossibili, le 6 di sera, per chiunque, chi lavora e non riesce a liberarsi per le 6, chi ha figli piccoli e non può piazzarli a quell’ora.
Da oggi ho davanti a me una serie di conferenze e presentazioni che mi aspettano, comodamente seduta sul divano di casa mia, senza dover per forza socializzare, ma solo per ascoltare.
Che poi è come quando leggo un libro, da sola.