
Oggi si fa sul serio, le dogane sono ufficialmente chiuse, lasciano passare solo i lavoratori frontalieri che hanno il permesso G. Ed eventuali svizzeri ancora su territorio italiano.
I ticinesi sono invitati a non uscire dal confine. Quindi niente più Esselunga a Como. Da oggi Grancia e Migros.
Qui siamo una settimana indietro rispetto alla Lombardia, stando a quanto dice il medico cantonale nelle sue conferenze stampa quotidiane, per cui mi aspetto che chiudano anche qui le scuole nei prossimi giorni.
Sono ufficialmente chiusa al di qua del confine fino al 3 aprile. (Da che punto guardi il mondo tutto dipende.)
A Milano gli ospedali sono saturi e Sala dopo l’entusiasmo iniziale del #milanononsiferma ha fatto marcia indietro, si è cosparso il capo di cenere per aver organizzato aperitivi solidali in cui Zingaretti si è preso il virus, temo non solo lui, e ha invitato tutti a stare a casa. Il sindaco degli hashtag che sprizzano entusiasmo e ottimismo da tutti i pori, oggi è un po’ meno entusiasta e riesce a vedere con lucidità la situazione: meglio un aperitivo in meno e qualche vita in più.
Si legge sul Corriere l’ipotesi di usare gli spazi della Fiera come luoghi di degenza temporanei e nel caso anche container.
La situazione è seria, se non l’avevamo ancora capito.
E io rifletto su Milano, sulla sua capacità di resilienza, indubbia, ma anche sulla ottusità di alcuni suoi cittadini che guardano al mondo con la lente deformata del marketing e con il ‘modello influencer’ stampato in fronte da applicare a ogni ambito della vita, anche quello della salute. Milano si deve fermare, perché esistono delle scale di valori: lo spritz arriva dopo la salute di vostra nonna, San Siro decisamente molto dopo il reparto di rianimazione saturo.
E voi studenti fuori sede che guardate a Milano come a un grande parco divertimenti, ridimensionate le vostre aspettative, dobbiamo spegnere le luci per un po’ e remare tutti nella stessa direzione: #stiamoacasa.
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