
Ormai vado al supermercato ogni tre giorni e in tre giorni sembra passato un secolo: la gente si guarda in cagnesco per evitarsi il più possibile, se non hai la mascherina (che è introvabile quindi mi chiedo dove l’abbiano trovata tutti gli altri) sei malvisto, e non vedi l’ora di salire in auto per lavarti con l’igienizzante che tieni religiosamente e come un rito usi non appena sali in macchina.
La mia percezione del mondo web cambia di giorno in giorno, mentre tutti si commuovono al vedere la gente sui balconi a cantare o applaudire, io mi estranio sempre più e li guardo come fossero bambini che hanno bisogno di sfogarsi, dai, lasciamoli fare. E mi spiace, non ce la faccio a farmi coinvolgere.
Però provo immensa ammirazione per altri che si danno da fare concretamente, come la Ferragni e Fedez che hanno raccolto ben oltre 3 4 miloni di euro e adesso si stanno già approntando 14 posti di rianimazione al San Raffaele, rendiamoci conto, 14 vite salvate grazie a una raccolta fondi in una settimana o poco più. E non mi permetterò più di parlare male della Ferragni, anche se mi divertivo molto.
Poi osservo i vari altri personaggi instagram che invece seguivo prima di tutto questo, magari mi facevo anche prendere dalle loro avventure e adesso mi suscitano non solo pena per il tentativo di attirare l’attenzione, ma anche molto fastidio, soprattutto per il non voler stare zitti, per cui li devo silenziare io non aprendo più instagram. L’influencer che continua a propinarmi i suoi viaggi pseudo-avventurosi sostenendo di essersi messa in quarantena in un’isola esotica, non interessa più, non ha più presa, c’è qualcosa di più importante che sta succedendo qui e ora; i luoghi remoti e desiderabili in tempi normali stridono immensamente con il senso di pericolo che tutti proviamo. Meglio leggere un libro.
A proposito di libri, davvero basta!, per favore. Non siamo bambini da educare, tutti noi chiusi in casa 24 ore al giorno sappiamo come intrattenerci, non abbiamo bisogno di continue sollecitazioni: leggi un libro, leggi un libro. Lo leggiamo se e quando vorremo e soprattutto non dobbiamo condividerlo per forza sui social, la lettura è ancora un’attività individuale e non roviniamocela. E sappiatelo, quando si è sotto stress, non è che ci si riesce molto ad estraniarsi con la letteratura.
E l’entusiasmo dei primi giorni delle famiglie felici che finalmente possono giocare a monopoli e stare insieme tutto il giorno, be’, vi aspettavo al varco e non mi avete delusa: adesso iniziano i primi commenti di sopportazione della famiglia appiccicata. Per fortuna il mio cinismo serve a qualcosa, almeno a me.
Infine una sensazione culturale: da tempo non sentivo più questo senso di appartenenza culturale, da quando qualcuno aveva deciso che le tradizioni e identità nazionali sono sentimenti retrogradi e da abbandonare in nome della globalizzazione culturale. Stiamo facendo un bel passo indietro, che personalmente non vedo in maniera negativa, e ne vedremo delle belle credo quando sarà tutto finito. L’esterofilia anglosassone a tutti i costi, con l’approccio ad esempio di Boris Johnson e ‘l’abituiamoci a perdere i nostri cari’ è incomprensibile nella cultura italiana e mediterranea.
Oggi poi leggo di produzione autarchica, parola già sentita da qualche parte, per quanto riguarda le mascherine. E ci mancherebbe!, se Germania e altri stati ci bloccano le importazioni e noi negli ospedali ne abbiamo bisogno, perché non produrcele da soli? Credo che l’Italia sia perfettamente in grado di produrre un bel po’ di cose, a partire dai ventilatori salvavita che vengono fatti a Bologna.
Credo questo sarà solo il primo passo per il nostro risveglio, dopo la bulimia di importazioni e delocalizzazioni, la politica avrà molto su cui lavorare e gli italiani molto su cui riflettere prima di accettare senza spirito critico ogni cosa imposta dall’estero.
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