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Ma davvero le influencer devono eccitarsi per Bridgerton?

17 Gennaio 2021 by costanza

Come una serie Netflix ci riporta indietro di 30 anni

Nell’ultimo anno ho appreso molti insegnamenti delle influencer sui social: mi hanno insegnato a combattere il patriarcato, che cos’è il body shaming e come esibire con orgoglio il corpo femminile fintamente imperfetto. Ho imparato che dobbiamo essere indipendenti economicamente (prima delle stories su instagram non lo sapevamo?) insomma tanti principi morali alti e antisessisti. Ah, sì, mi hanno anche suggerito di indossare il tacco 12 per l’empowerment femminile… e di comprare tanti ma tanti cosmetici online, prodotti dalle stesse influencer, e che se voglio anche io diventare un’imprenditrice di successo, basta volerlo e magari seguire un corso online di quelli che vendono le suddette influencer su instagram. Studi universitari non pervenuti.

Poi nell’ultimo mese sono tutte entrate in fibrillazione e dimentiche di tutte le battaglie per la parità dei sessi hanno iniziato a dissertare di quanto sia sodo il sedere del Duca di Bridgerton, quanto sia irresistibile etc etc e tutto in un colpo mi sono ritrovata indietro di 30 anni ai tempi in cui editavo i romanzi Harmony.

Ma come? Le nuove generazioni che fanno le imprenditrici, le influencer di oggi sono ferme ai romanzi Harmony e alla favola del principe azzurro? Ok, nel frattempo tutto è evoluto e il Duca di Bridgerton impersona l’inclusività tanto cara in apparenza al popolo del web e di conseguenza alle influencer nostrane, ma qualcosa proprio non mi torna. Non mi capacito di come di fronte a una telenovela, perché di questo si tratta, c’è quella che decanta i costumi, quell’altra ultraquarantenne che si eccita a vedere il protagonista seminudo… ma siamo davvero messe così male?

Nel 2021 sui social, tra una lotta per avere più voce nella politica e una denuncia di come il corpo femminile sia ancora considerato dalla società, si discute di quanto sia bono l’attore di una serie che sembra uscita dalla penna di Liala? E il corpo di Regé-Jean Page non merita rispetto?

Ho messo a confronto la locandina della serie Netflix e una copertina di un romanzo Harmony History di molti anni fa. Trovate le differenze:

sempre la solita storia, sempre la ragazza prescelta perché più bella delle altre, sempre lui a offrire a lei una vita migliore, che da sola evidentemente non avrebbe potuto ottenere e. soprattutto, che vita senza l’innamoramento continuo? È questo, giustamente, il punto di arrivo di decenni di lotta per cambiare anche l’immaginario delle nostre figlie.

E allora ditelo che è tutta una recita, che vi basta un principe azzurro qualsiasi per farvi sognare di essere anche voi le ‘prescelte’.

Speriamo nelle prossime generazioni, che vi devo dire? E intanto mi gusto Pretend it’s a City, che ad ascoltare donne intelligenti e interessanti non si sbaglia mai.

Netflix, a cercare bene, offre molto di più del sedere del Duca di Bridgerton!

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Come sopravvivere al Natale

10 Dicembre 2020 by costanza

Quest’anno sarà un Natale diverso. L’hai già sentita? Per molti versi è vero, come non essere d’accordo, per altri purtoppo sarà la fotocopia degli ultimi natali social, amplificato all’ennesima potenza. Come sopravvivere al Natale social?

come sopravvivere al natale
È Natale e ci vogliono vendere di tutto, come difenderci?

Come tutti mi sono rifugiata nel magico mondo di instagram: seguo dirette, reel, mi appassiono alla triste vita di alcune influencer che fingono di condurre un’esistenza glamour, ma sono chiuse in casa tanto quanto me e te a scartare prodotti da vendere, metterli sotto una luce scintillante e inventare una storia tirata per i capelli, perché prendono una piccola percentuale sulle vendite. E io fingo di credere loro, non so tu, e ci casco a volte nell’acquisto compulsivo, a volte mi trattengo, spesso sono aiutata dall’inefficienza del loro sito di e-commerce, che non è così pronto nel vendere i prodotti, facendo quindi scemare il desiderio di acquisto.

Come sopravvivere al Natale social?

Stando a tutte quelle che seguo, dovrei avere già acquistato 10 correttori per occhiaie, 4 shampoo e altrettanti illuminanti per il viso. Per fortuna mi sono fermata in tempo, grazie a sephora che nel suo shop online mi impedisce di proseguire negli acquisti se prima non do il consenso a usare tutti i miei dati come vogliono (alla faccia del gdpr!).

Siamo solo ai primi di dicembre e ho già la nausea per la marea di prodotti che, a detta delle mie influencer di fiducia, avrei dovuto acquistare. ‘Sosteniamo i piccoli produttori’, ‘Sosteniamo chi aiuta il prossimo’, ‘Ecco la lista dei prodotti imperdibili da regalare!’ Come dire di no? E poi, possiamo dire di no o rischiamo di passare per cinici e per niente accettati in questo mondo social finto buonista?

Non siamo cinici, dobbiamo sopravvivere

Vi svelo una verità: non siete obbligati ad aderire a tutte le richieste che vi vengono fatte. E sui social non tutti sono buoni, onesti e generosi. Chi è lì professionalmente, lo è per fare i propri interessi, vendere, vendere, vendere. E voi quindi non dovete sentirvi in colpa se non acquistate.

Ragioniamo un po’: la strategist che ti sconta al 50% i suoi corsetti, raccontandoti che dopo aver seguito i suoi insegnamenti diventerai un’imprenditrice di successo, è una delle tante, troppe, che vendono corsi online.

Fa il suo mestiere e cerca di portare a casa un fatturato.

Ma prima di spendere 100 o 200 euro, fatti un giro online e scoprirai che i migliori corsi online non sono quelli che ti illudono di diventare in men che non si dica esperto di marketing, social media, senza una solida preparazione di base; bensì quelli, organizzati seriamente e professionalmente, che ti danno una certificazione finale. Vedi coursera e non hai più bisogno di altro, o quelli che ti insegnano tramite professionisti di livello altissimo, fatti un giro su masterclass e poi ne riparliamo.

E poi c’è la beneficenza

Poi ci sono le opere di bene: non potendo mettere i banchetti nei centri commerciali come gli scorsi anni, li mettono sui social, tramite influencer cercano di instillare un senso di colpa in noi utenti per donare, donare, donare.

Anche qui ti svelerò un segreto: prima di donare d’impulso, visto che hai come me un senso civico e un desiderio di aiutare il prossimo (non solo a Natale btw), informati.

Hai tutti gli strumenti per farlo online, non cascare alla prima richiesta di aiuto, sappi che spesso chi ha più bisogno di aiuto non sa nemmeno cosa sono i social, non ha tempo né soldi da investire in un social media manager, e lo trovi nelle tua città, basta chiedere, osservare, leggere.

Associazioni, opere che si occupano di distribuire cibo a chi ne ha bisogno… Non ti metto qui nessun nome, perché sarebbe riduttivo dirti a chi donare.

Hai un cervello, usalo e informati.

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Come evitare i corsi truffa

29 Novembre 2020 by costanza 3 Comments

migliori_corsi_online
Videocorsi online e come riconoscere gli imbrogli

Sempre più corsi online a pagamento per raggiungere la felicità, per farsi psicoanalizzare, per ricominciare la vita anche a 90 anni, per diventare un’influencer su instagram, per diventare una fashion blogger o make up artist…: la maggior parte sono fuffa. Vi svelo quali sono i migliori corsi online

Nel 1995 Lynda Weinman fondò il sito Lynda.com, corsi online di html, programmazione in genere che chiunque poteva seguire. Era una miniera per chi voleva imparare, ma non dai libri. I videocorsi sono stati una rivoluzione per molti, e i ragazzi di oggi si ritrovano a poter imparare moltissimo senza per forza studiare mattoni cartacei che per molti sono una barriera all’apprendimento.

Il sito è poi cresciuto a dismisura negli anni, tanto che (purtroppo) nel 2015 è stato acquistato per una cifra esorbitante da Linkedin e inglobato al suo interno in Linkedin learning. Fine di un’era, ora per seguire i corsi devi sottoporti all’iscrizione al social network più invasivo della storia, quello che è stato multato negli Stati Uniti nel 2015 con ben 13 milioni di dollari in seguito a una class action, perché attingeva agli indirizzi di posta elettronica degli iscritti, con la scusa di ampliare la rete di contatti, per inviare mail a persone che non erano iscritte al social network. Capito bene?

Quindi a ragione rimpiango il sito Lynda.com che agli albori del web insegnava senza secondi fini a programmare, ideare siti web e tanto altro ancora. (esiste ancora, solo che io non entro in linkedin per una mia idiosincrasia personale verso un sito così invasivo, per cui non ho modo di poterla frequentare ancora…)

Veniamo alla nostra piccola realtà italica: con l’evolvere dei social negli ultimi anni stanno esplodendo i corsi online a pagamento che ben poco hanno a che fare con lo storico Lynda. com.

Il business model è più o meno questo: divento influencer, ho un seguito, ma la pubblicità paga molto poco (se non mi chiamo Ferragni), perciò come faccio a monetizzare? Semplice, insegno ai poveri sfigati che mi seguono come diventare come me. L’importante è vendere e illuderli che poi troveranno un lavoro, cosa molto difficile di questi tempi, ma se sono molto persuasivo/a il mio corso a 200 euro o più lo scaricano, e io ho portato a casa un fatturato che mi assicura di vivere decentemente. (Non parlo a caso, conosco fashion blogger che hanno creato addirittura un’accademia e influencer/strategist che vivono creando corsi online anche su come essere felici! E dicendo che li conosco, intendo dire che so cosa c’è dietro).

Scorrendo le pubblicità online mi imbatto sempre più spesso in corsi a pagamento per raggiungere la felicità, per farsi psicoanalizzare, per ricominciare la mia vita anche a 90 anni, per diventare un’influencer su instagram, per diventare una fashion blogger, make up artist… capite la portata rivoluzionaria di questi corsi? E io dovrei pagare qualcuno, di solito un influencer da un anno o poco più, per farmi spiegare come diventare influencer o peggio ancora cosa fare della mia vita? Qualche tempo fa c’era addirittura un corso (che è misteriosamente scomparso) in cui una trentenne divorziata e risposata, spiegava come ricominciare una nuova vita: in pratica una ragazza di poco più di 30 anni mi veniva a spiegare come aveva mollato il marito, trovato un altro e scoperto la felicità.

Scusate se mi indigno, ma a cinquant’anni suonati davvero non ho tutto questo bisogno di apprendere i fatti della vita, a pagamento. Mi basta vivere e fare una chiacchierata con qualche amica.

Il succo di tutto questo discorso è che per me i migliori corsi online sono quelli da cui imparo cose tecniche e utili, come fare un sito web, scrivere una sceneggiatura o come creare dei video per dire, e per questo seguo esclusivamente quelli americani che sono fatti molto bene, in maniera iperprofessionale e in proporzione costano meno rispetto ai mille e più euro dei corsi italiani. Se devo farmi psicoanalizzare e dare la chiave per svoltare nella vita sentimentale, non credo mi affiderei a un tutorial a pagamento.

Negli ultimi anni ne ho seguiti molti di corsi online, tecnici e meno tecnici, tra tutti vi segnalo dove trovare i migliori corsi online secondo me:

  • skillshare
  • futurelearn
  • masterclass
  • coursera

morale della favola: non si finisce mai di imparare, ma se sai cosa vuoi e di cosa hai bisogno, meglio i corsi mirati su un argomento alla volta per ottimizzare tempo e apprendimento.

È questa, secondo me, la vera rivoluzione del web.

aggiornamento: ultimamente sto seguendo dei corsi di Coursera, che avevo provato anni fa. Consigliati vivamente! Ti seguono passo passo, test a fine blocco, e test finale. Quando li segui ti chiedi quanto avresti potuto imparare se fossero esistiti 30 anni fa!

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Come affrontare il lockdown

27 Ottobre 2020 by costanza

come affrontare il lockdown
La mia gatta si prepara al lockdown

Come affrontare il nuovo Lockdown? Innanzitutto analizzando quello che sta succedendo sui media: ho capito che anche quelli che ci governano ragionano in termini di digital marketing, l’altro lockdown la keyfrase era cabina di regia stavolta hanno scelto la parola ristoro. Che se la guardiamo in ottica SEO fa sì che tutti i loro dcpm siano scritti sotto forma di comunicati stampa con linguaggio più simile al marketing che a un decreto ministeriale.

E così i pappagalli che scrivono sui giornali ripetono all’unisono la keyword scelta questa volta: Ristoro, ristoro, ristoro…

Da parte mia ci ho dato un taglio: devo stare a casa per forza? Almeno silenzio le notizie ripetute da tv e radio, e tento di filtrare solo ciò che interessa davvero. Non so se ce la farò, ma intanto la radio digitale mi aiuta molto con in canali all music.

Se poi dovrò stare davvero chiusa in casa, stavolta mi faccio furba: non mi metto a panificare, sull’onda dell’emulazione, così da trovarmi con altri kg da smaltire, che uniti ai precedenti diventerebbero davvero troppi.

Infine se devo silenziare i disturbatori, tra account instagram che tra una cremina e l’altra mi spiegano perché devo indossare la mascherina o che organizzano contest oltre il senso del ridicolo, e mi spiegano l’economia tra un tacco 12 e l’altro…. scelgo decisamente un libro. E così adesso che amazon finalmente consegna molti libri dall’italia (non tutti purtoppo) qui in Svizzera, il tempo libero lo dedicherò alla lettura di questi 2 libri innanzitutto: Della gentilezza e del coraggio di Gianrico Carofiglio, che ha presentato l’altro giorno al Lac di Lugano e Fahrenheit, di Ray Bradbury in formato Graphic Novel, vediamo se la mia psiche dopo queste scelte drastiche sulla gestione del mio preziosissimo tempo, ne risentirà positivamente.

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Considerazioni di inizio lockdown

26 Ottobre 2020 by costanza

Nei momenti di crisi rispolvero la scrittura, come terapia e come compagnia. Dunque dopo il dcpm di ieri mi sembra giusto rifugiarmi nuovamente nel mio blog e nella scrittura e cercare di passare indenne questo ennesimo lockdown. Come dite? Conte ha detto che non si tratta di un lockdown? Ok, chiamiamolo restrizione delle nostre libertà di cittadini, è più corretto e non occorre scomodare l’inglese per spiegarsi.

In mio aiuto ieri è arrivata la Tamaro con un bellissimo articolo sul Corriere della Sera che dice più o meno ciò che pensiamo tutti e fa un riassunto di come in Italia si è affrontato finora il virus. Ve lo consiglio.

Qui in Svizzera un po’ meglio che in Italia, soprattutto nei modi, per cui sì mascherina sempre, ma non all’aperto per ora, ristoranti, bar e teatri e cinema aperti, palestre idem, scuole aperte, con tutti i controlli del caso, tranquilli, e molta cautela. Non escludo che anche qui ritorneranno misure più pesanti, stiamo a vedere.

Intanto a Milano la situazione è davvero pesante, e non riesco a immaginare uno sviluppo futuro: se fiere, congressi e spettacoli di ogni genere vengono cancellati quanti lavoratori continueranno a non avere di che vivere? Se ristoranti e bar vengono castrati facendoli chiudere prima dell’ora in cui di solito guadagnano, come copriranno le spese e pagheranno gli stipendi dei tanti lavoratori? Se i ragazzi sono costretti alla didattica a distanza ancora una volta, come reagiranno? cosa impareranno davvero? come eviteranno di trasformarsi in una generazione di hikikomori?

Non ho risposte e la sola cosa che posso prevedere dal mio punto di vista è il grande senso di malessere, depressione, incazzatura che sta colpendo tutti. Non sono pronta a sentire i cori alle finestre, non sono pronta a leggere i giornalisti assoldati per insegnarci cosa è accettabile e cosa no, tantomeno sono pronta a sentire le influencers che mi insegnano a vivere e mi spiegano la virologia.

Lasciatemi nel mio dolore, tratterrò il fiato più possibile e mi tapperò le orecchie, leggerò, scriverò e non cadrò nella tentazione della panificazione.

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Gli influencer e i loro modelli

26 Ottobre 2020 by costanza

Non sono psicologa, né ho master in social media marketing. Sono solo un’internauta, mi piace questa parola, ha quel tanto di démodé che irrita i nativi digitali, che ama analizzare e osservare i modelli che gli influencer ci impongono.

Perché proprio di questa generazione di ‘siamo tutti influencer’, abbiamo tutti una community che ci followa che mi piace parlare, anzi sparlare.

Ne ho viste troppe nell’insta, anzi Ista che fa più friendly, da non potermi sottrarre a stilare il decalogo della perfetta influencer, o strategist, o chiamatela come vi pare, quella che ogni mattina, mezzogiorno e sera ci propina pillole di saper vivere, di gusto, di benpensare.

  • quando lavorano in ufficio ti propinano la figaggine del loro ufficio, lo arredano, si vestono al mattino, si tatuano le sopracciglia per andare al lavoro.
  • non appena vengono licenziate o fanno downshifting, decantano la bellezza di lavorare da casa, di quanto sia bello starsene a casa, la arredano, si vestono e si truccano solo per stare a casa a fare video.
  • non appena ingrassano, diventano paladine del ‘body shaming’, quando dimagriscono spiegano quanto sia importante essere magre per la salute, quando erano grasse la salute non importava.
  • quando vanno in palestra: tutte dovrebbero andarci, quando invece fanno ginnastica in casa: non occorre andare in palestra per essere in forma.
  • quando sono single: quanto è bello essere single, quando sono accoppiate: ‘Voi non sapete quanto è bello respirare l’aria di famiglia’. Ma come?

    Quando eri sola come un cane, anzi sola con una cane, ci dicevi che tu non cucinavi a ordinavi su uber ogni sera dopo il lavoro, adesso ci propini le ricette di casa ogni santo giorno?

La domanda è: ‘Abbiamo davvero bisogno di modelli che ci insegnano come vivere la nostra vita?‘ E voi influencer, invece di spostarvi come canne al vento, prendete una posizione e portatela avanti con coerenza, per favore!

Perché nella vita bisogna decidersi: o è bello essere grasse o è bello essere magre.

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Considerazioni sul mondo nuovo

22 Settembre 2020 by costanza

Ieri ho visto l’intervista di Susanna Tamaro a Pordenonelegge. Comodamente seduta nel divano di casa mia.

La vita sul divano è decisamente più interessante di quando saltellavo per Milano, o qualche altra città, perdendo una marea di tempo, per sentire e vedere male qualche ‘evento’.
Le presentazioni di nuovi romanzi, con l’immancabile intervista in cui l’autore si racconta, per me sono qualcosa di fondamentale per capire uno scrittore. Ne ho bisogno e anche se poi non leggo i suoi romanzi, mi aiuta a riflettere e capire molte cose. Gli scrittori validi hanno spesso visioni del mondo diverse. E visto il panorama del pensiero omologato che ci ritroviamo, per me sentire punti di vista diversi è ossigeno puro.

I festival dei libri sono sbocciati nell’ultimo decennio anche in Italia, dove la lettura non è poi così valorizzata come altrove. E per un po’ mi sono fatta incantare dal tentativo di parteciparvi, per vedere e soprattutto ascoltare scrittori di tutto il mondo.

Ma poi avevo desistito, per la solita ‘sindrome milano’, che io chiamo così, quella per cui chi organizza qualsiasi evento, dal salone del libro all’inaugurazione di un negozio di biancheria per la casa, deve per forza avere il pienone, salvo poi ritrovarsi con persone lasciate fuori in coda, o ammassate in qualche modo. Risultato? La maggior parte di queste presentazioni scontentano tutti, se non gli amici intimi degli scrittori che sono gli unici a trovare posti in prima fila e comodi. Gli altri hanno il privilegio di stare in piedi o addirittura fuori, ma ‘possono’ acquistare il libro. Mi era successo con Book City, alla primissima edizione, nato come festival aperto a tutti per il quale avevo fatto una fila infinita per vedere Umberto Eco e poi ero stata gentilmente invitata ad andare a casa perché la sala era piena. Non una bella sensazione. Poi con il Festival della Mente di Sarzana, dove se non prenotavi mesi prima col cavolo che ti avvicinavi ai tendoni, e l’immancabile Salone di Torino dove avevi libertà di vagare per gli stand, ma quando c’era qualche presentazione importante era difficile entrarvi.

Il contrappasso però c’è stato, e per me è stato un gran bel contrappasso.

Oggi posso partecipare e ascoltare interventi di scrittori e autori in genere, rigorosamente in streaming, e non solo in Italia, il mondo anglosassone in quanto a scrittori offre tantissime presentazioni, anche nelle librerie più sperdute e indipendenti, quelle che quando entri ti si spalanca un mondo. E ora quel mondo arriva fino a casa mia.

Una delle ricadute positive della quarantena.

Morale della favola: c’è un mondo di pubblico, là fuori, che gli eventi li ha sempre subiti. C’è una marea di gente, tra cui la sottoscritta, che bada alla sostanza, e il fatto di doversi alzare da quel divano, vestirsi e truccarsi, prendere i mezzi e trovare posto per tempo per ascoltare una persona che ha cose interessanti da dirmi, la fa il più delle volte rinunciare ad andarci. Spesso per gli orari impossibili, le 6 di sera, per chiunque, chi lavora e non riesce a liberarsi per le 6, chi ha figli piccoli e non può piazzarli a quell’ora.

Da oggi ho davanti a me una serie di conferenze e presentazioni che mi aspettano, comodamente seduta sul divano di casa mia, senza dover per forza socializzare, ma solo per ascoltare.

Che poi è come quando leggo un libro, da sola.

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I giustizieri dei social

17 Settembre 2020 by costanza

Sono rientrata alla routine di settembre. Molto diversa dal solito, ma l’importante è che le scuole, in qualche modo, siano riaperte. Qui in Svizzera già dal primo settembre, con le mascherine anche da seduti al banco (senza rotelle) ma per il resto tutto meno punitivo che a Milano, ad esempio, dove i giustizieri antiCovid li incontri ovunque. Ti sgridano o guardano torvo se non hai la mascherina perfettamente indossata anche nel corridoio, mentre apri la porta di casa. Salvo essere appena tornati dalla Liguria o Sardegna dove era ammesso ogni tipo di ritrovo e assembramento.

Di giustizieri del web poi non ne parliamo, non ce la faccio più di spegnere la radio e la tv per non sentirmi bombardare da raccomandazioni e poi ribeccarmene il doppio se decido di guardare le stories di qualche influencer su instagram. Non li vedete anche voi? Make up artist ed estetiste che mi fanno il predicozzo su quanto sia importante indossare la mascherina (ma va? avevo giusto bisogno di sentirmelo ricordare tra un olio struccante e un illuminante). Creative che mi spiegano il perché JK Rowling sia inaccettabile nella sua transfobia, perché nel suo ultimo romanzo l’assassino è un uomo che si traveste da donna. La creativa di cui parlo ovviamente non ha letto il romanzo (perché deve ancora uscire) ma si è fidata di chi ha vomitato addosso alla Rowling il suo disprezzo via twitter con tanto di hashtag #RIPJKRowling. E ne ha decretato ufficialmente la sua scomparsa dai propri scaffali, sperando di fare proseliti con l’aria sommessa di chi cerca di lisciare un certo tipo di target, perchè quando si tratta di instagram sempre di marketing parliamo.

Io invece spero ardentemente che questo polverone si dissolva nel giro di poche ore, come ormai succede a quasi tutte le sommosse virtuali da hashtag che si esauriscono così, e che magari questa polemica odiosa faccia pubblicità a una delle mie scrittrici preferite, che non può essere cancellata da dei venditori di prodotti online che ignorano l’importanza non solo letteraria, ma della sua fondazione Lumos e di quanto fa per le donne e i bambini in difficoltà.

E’ questo ormai il web, me ne devo fare una ragione, anche se è difficile accettarlo. Da terra di libertà di pensiero a luogo di censura bacchettona, non solo da parte di Zuckerberg e amici, ma soprattutto dai burattini che in effetti se non si fanno portavoce di questa nuova morale, rischiano di non portare a casa i pochi spiccioli che i social concedono loro.

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