
Che le shitstorm fossero una deriva dei social media lo si sapeva da tempo, che diventassero dei boomerang e colpissero chi ci aveva campato e costruito la propria community, lo abbiamo scoperto da poco.
Lasciando stare fenomeni di annientamento di avversari politici, grazie alle shit storm sui social conosco fior di influencer che hanno cavalcato temi quali gender, patriarcato, emancipazione femminile… scagliandosi contro chiunque si mettesse sulla strada che li separava dal successo.
E ultimamente questa violenza mi aveva molto colpito, perché più alcuni influencer che seguo diventavano violenti nei loro contenuti, più trovavano seguito e qualcuno che dava loro ragione. Negli ultimi giorni, una di queste principali artefici è stata colpita da una valanga di … shitstorm per il suo comportamento non ‘moralmente ineccepibile’ come continuamente sottolineato. Uso il termine ‘moralmente’ perché pare che la generazione che vive dentro instagram, tiktok e altri luoghi della rete, abbia atteggiamenti ineccepibili sotto ogni punto di vista, e pretenda dai loro riferimenti altrettanta correttezza, salvo poi comportarsi come più conviene al di fuori della rete.
I social ti chiedono tutto, di mostrarti nella tua intimità, di raccontare il tuo credo, di esporti, di ergerti a moralizzatore della società (questo non l’ho ancora capito o forse sì) e, in cambio, se segui tutto bene bene puoi guadagnare, soldi e potere.
Ma se compi un passo falso, il piedistallo su cui ti sei messo viene abbattuto in men che non si dica. È una legge impietosa, che nel mondo della comunicazione è conosciuta, eppure proprio coloro che vivono di comunicazione, ci cascano regolarmente.
Lo sanno bene scrittori, scrittrici, social media manager e influencer, che quando vengono colpiti fanno come Rossella O’Hara, e sperano che il domani porti la shitstorm contro qualcun altro, dimenticandosi di loro, almeno per qualche giorno, perché poi ci sono i contratti adv da onorare.